Intorno all’ORGIA
Viviamo in tempi inediti, almeno per quel che può fornirci, come confronto, la memoria collettiva. Tempi in cui si realizza un connubio perfetto fra il procedere della razionalità tecnologica e il ritorno del pensiero magico, laddove
La tecnomagia contemporanea, nei fremiti che assembra attorno ai suoi focolai simbolici e ai suoi feticci, così come nelle sue pieghe contaminate dal nuovo spirito capitalista, è la dimensione societale dove ha luogo l’esultante sacrificio dell’umanesimo (Susca, 2022, p. 67).
Abbiamo vissuto altre pandemie, altri tempi di guerra, altre crisi, insomma, certo, come moderni, come umani occidentali, ma finora non era capitato, credo, che a un periodo di crisi così forte, innescata da eventi estremi (il ciclone pandemico, i venti di guerra) e violenti, si unisse anche un mutamento antropologico epocale, prima carsico, poi sempre più impetuoso, connesso alla struttura stessa di tutte le istituzioni e relazioni sociali, e della percezione del sè: l’ingresso nella condizione online (Fattori, 2022a).
Il risultato di questo intreccio fra fenomeni – il secondo nutrito dai primi, certo, almeno in superficie – è qualcosa che abbiamo appena iniziato ad esplorare nella sua attualità e negli sviluppi che potrebbe avere, ma per le conseguenze possibili della quale senz’altro potrebbero valere le parole di Peter Berger e Thomas Luckmann in Lo smarrimento dell’uomo moderno:
Quando in una società si accumulano crisi di senso soggettive e intersoggettive, al punto da determinare un problema sociale generale, le cause di tale situazione non possono essere ricercate né nel soggetto né nell’intersoggettività della vita umana. È invece da ritenere che esse vadano ricercate nella struttura sociale (Berger, Luckmann, 2010, pp. 36-37).
Pure, sembra invece che, nonostante tutto, la “struttura sociale” abbia tenuto, non sembrano in vista particolari rovesciamenti, anzi… e allora? Cosa dobbiamo poterci aspettare dal prossimo futuro?
Una descrizione, impressionistica, forse, ma anche estremamente lucida e incisiva, dei tempi attuali, potrebbe essere quella che segue:
Sorgono così, a latere delle utopie sociali, delle grandi verità universali e della morale istituita, altrettante etiche ed estetiche che, oscillanti tra il mainstream e l’underground, forgiano strati di socialità improntati su affinità connettive al di là del tempo, dello spazio e delle appartenenze culturali classiche: fan, gamer, youtuber, influencer, raver, hacker, perdigiorno, flâneur, tiktoker, memer, role player… Nonostante tutte le sfumature che le distinguono, tali figure sostanziano nuove mitologie solo in parte riconducibili ai criteri e alle logiche delle narrazioni su cui si reggono le società contemporanee (Susca, 2022, pp. 31-32).
Riecheggiano, a ben vedere, in queste frasi, le riflessioni che nei primi mesi del 1990 Jean Baudrillard, commentando i tempi che correvano, affidava a La trasparenza del male, testo non a caso sottotitolato Saggio sui fenomeni estremi:
Se si dovesse caratterizzare lo stato attuale delle cose, direi che è quello del dopo orgia. L’orgia è tutto il momento esplosivo della modernità, quello della liberazione in tutti i campi […] È stata un’orgia totale, di reale, di razionale, di sessuale, di critica e di anti-critica, di crescita e di crisi di crescita. Abbiamo percorso tutti i sentieri della produzione e della sovrapproduzione virtuale di oggetti, di segni, di messaggi, di ideologie, di piaceri. Oggi tutto è liberato, tutti i giochi sono fatti e ci ritroviamo collettivamente di fronte alla domanda cruciale: CHE FARE DOPO L’ORGIA? (Baudrillard, 1991).
Il francese scriveva al crepuscolo degli anni Ottanta del Novecento, il decennio che segue quel periodo di circa un ventennio che aveva visto l’esplosione delle istanze di lliberazione più diverse, legate al corpo, alla politica, ai consumi, allo sviluppo di una economia che – grazie ai progressi del digitale – si finanziarizzava e smaterializzava sempre di più, mentre si avviava a completarsi una fase storica in cui all’euforia della liberazione totale si accompagnava la tendenza al ripiegamento in se stessi, il declino dell’attenzione al sociale, l’accelerazione dei processi di individualizzazione…
A marcare questa fine di una fase storica, oltre la quale avremmo cominciato a ragionare di piena realizzazione – e di avvio del superamento – della postmodernità, la Prima Guerra del Golfo, scoppiata nell’agosto dello stesso anno per poi chiudersi nel febbraio del 1991. [1]
Otto Dix, Sturmtruppe geht unter Gas, 1924 |
E, un paio di anni dopo, scriverà che “In un momento imprecisato degli anni Ottanta del XX secolo, la storia ha fatto un’inversione di rotta […] È la fine della linearità […] il futuro non esiste più” (Baudrillard, 1993, p. 21).
Oggi, a distanza di trent’anni, sembra di vivere una fase simile: i vent’anni passati dall’11 settembre 2001, dopo l’esplosione della paura prima di tutto per il terrorismo, sembravano aver visto il sopirsi di paure e ansie, quando sono arrivate prima la pandemia, poi la guerra fra Russia e Ucraina a rinfocolare paure ormai radicate nel profondo della nostra memoria collettiva.
È in questo quadro che il sociologo Vincenzo Susca, attentissimo osservatore della relazione che nella vita quotidiana corre fra il sociale, il corporeo e il mediale – e il digitale – pubblica il suo Tecnomagia (2022), a fare il punto sullo scenario sociale contemporaneo, sulle peripezie del Soggetto nato con l’Umanesimo, sulle modificazioni della condizione umana in una fase in cui il defluire della fase più feroce dalla pandemia da Covid-19 spinge alla soddisfazione di quelle pulsioni e istanze che – gioco forza – durante la pandemia erano state compresse, frustrate, negate. E questo nonostante non si siano annullate o ridimensionate le contraddizioni, le disuguaglianze, le ingiustizie, le offese agli umani e al pianeta…
C’è, in effetti, qualcosa di incontenibile e di osceno negli eccessi contemporanei, intrisi come sono di sentimenti mescolanti violenza e gioia, leggerezza e nichilismo, euforia e dolore. In tale ottica, appare indispensabile cogliere ed esplorare fino in fondo il legame intimo, benché ineffabile, esistente oggi più che mai tra il terrorismo, la pornocultura, le guerre, il culto del banale, lo sfruttamento di massa, la superficialità generalizzata, l’alienazione e tutto ciò che ribadisce, secondo il punto di vista di Bataille, l’unione inscindibile tra l’erotismo e la morte (Susca, 2022, p. 68).
Mentre, sempre nel 1993, Baudrillard commentava
… l’inaugurazione, sul tetto dell’Arca della Défense, con un buffet sontuoso offerto dalla Fondazione die Diritti dell’uomo, di una mostra delle più belle foto di tutta la miseria dei popoli. C’è forse da stupirsi che l’Arca dell’Alleanza apra i suoi spazi alla sofferenza umana, santificata a base di caviale e champagne? (Baudrillard, 1993, p. 95).
Sembra che i due studiosi, Baudrillard e Susca, descrivano più o meno la stessa situazione – con una differenza, forse: che il primo scrive a orgia conclusa, quando sopravvengono sfinimento e stupore, il secondo a orgia ancora in corso, nel pieno delle sue epifanie, ma, e questo è importante, mentre il dopo-orgia è già incominciato! Perlomeno per chi, come Susca, ha la lucidità di osservarne i percorsi, le giravolte, gli approdi temporanei, la vertigine che produce.
La dimensione magica in cui siamo tradotti, pendolando fra la paura di una fine (atomica, biologica: cfr. Fattori, 2022b) che pensavamo scongiurata, e il desiderio frenetico di rassicurarsi di avere di nuovo un corpo, e di saturarne i bisogni, dopo gli anni di clausura coatta appena (forse) finiti.
Fine del tempo lineare, delle sequenze di eventi definite da rapporti di causa-effetto, contrazione dello spazio, tutto avviene in uno spazio-tempo collassato e immobile, definito dalla nuova condizione digitale, dalla condizione online. Fine – ancora una volta – della Storia, e approdo nel vortice di una stasi tumultuosa e febbrile.
Un po’ come nelle descrizioni che dà della Germania e del suo futuro possibile dopo la fine della Prima guerra mondiale lo scrittore tedesco Yvan Goll in Sodoma e Berlino, pubblicato nel 1929.
Otto Dix, Metropolis, 1928 |
Magnifiche le frasi con cui l’espressionista Goll, anticipando il surrealismo, fa prevedere al torvo e maligno protagonista del suo romanzo il futuro della Germania, cui si adatta benissimo il trittico Metropolis di Otto Dix, l’esponente della “Neue Sachlichkeit” [2] tedesca:
Le agitazioni sociali e il marasma economico faranno vacillare il buonsenso in tutta la nazione. Una febbre simile a quella dell’anno mille s’impadronirà del paese. Disperazioni ed estasi cavalcheranno la sua povera anima. Tutti i valori costituiti crolleranno e se ne cercheranno altri per sostituirli e nella fretta si scambieranno i riverberi per stelle. La danza è già cominciata. Oscuri profeti predicano nella notte […] Il vecchio mondo si sgretola (Goll, 1975, p. 46).
I toni crepuscolari di Baudrillard e quelli apocalittici di Goll sembrano avere un riflesso nelle frasi di Susca, le cui considerazioni appaiono adeguarli ai temi portanti dei tempi attuali, prima di tutto la pervasività della Rete:
Il culto di Internet risveglia nuove forme di feticismo, utopie, leggende ed idolatrie. Esse dimostrano fino a che punto i dispositivi in questione non costituiscono mere tecnologie al servizio di un progetto politico-economico di tipo razionale e funzionale, ponendosi invece come territori esistenziali atti a canalizzare e ad accogliere una sorta di “vita improduttiva”, ovvero desideri, sensibilità e impulsi irriducibili all’idea del progresso e delle grandi narrazioni tradizionali (Susca, 2022, pp. 22-23).
… ma, nello stesso tempo, l’euforia della perdita, del dispendio, generalizzato e cieco.
Del dispendio
Perché questo risulta essere – e Susca ne rende con forza quasi cinematografica i tratti e le articolazioni – la direzione presa dalla reazione ai disagi e alle sofferenze in cui siamo stati immersi e che temiamo riprendano da un momento all’altro: la sensazione che il tempo sia finito, che sia necessario soddisfare pulsioni e desideri in un qui-ed-ora che è mimetico e replica la contrazione dello spazio-tempo della condizione digitale.
È sempre stato un tratto della condizione umana la propensione al dispendio, alla perdita, alla dépense, per dirla con George Bataille (1972), che Vincenzo Susca cita più di una volta
… nel modo più universale, isolati o in gruppo, gli uomini si trovano costantemente impegnati in processi di dépense. La variazione delle forme non comporta alcuna alterazione dei caratteri fondamentali di questi processi, il principio dei quali è la perdita (Bataille, 1972, p. 56). [3]
La perdita, lo sciupìo, lo spreco. Ma, assolutamente, non uno spreco immotivato. Il valore simbolico di questi comportamenti e azioni è altissimo: rimanda alla logica del dono e del potlatch, le antiche forme di confronto e comunicazione con l’altro – e con il mondo.
In una dimensione, oggi, del tutto nuova, staccata da scadenze contingenti e occasioni rituali, ma connesse ad una condizione endemica, dettata da una fretta quasi terminale, da “immaginazione del disastro”. [4]
Una scena di Black Mirror, ep. Torna da me |
Siamo alla nuova tappa di un processo che va verso una integrazione sempre maggiore fra l’umano e la tecnica, in forme prima cruente, poi sempre più soft, sottili e nascoste – come nelle metafore prima di James G. Ballard e David Cronenberg, poi di William Gibson e dello stesso Brooker, appunto, in vista della nascita di un simbionte (cfr. De Feo, 2013) che forse ci sostituirà, ma comunque dentro la corrente del capitalismo e della sua vocazione a risorgere sempre dalle sue ceneri, anzi, a rilanciare la posta, nella sua tradizionale opposizione proprio alla logica del dono e del potlatch, confermando di continuo la disillusa, rassegnata affermazione di Fredric Jameson secondo cui “Ci sembra più facile oggi immaginare la distruzione della Terra e della natura che il crollo del tardo capitalismo” (1994).Siamo di fronte ad una dimensione fortemente centrifuga, diffratta, in cui da un lato assistiamo all’esplosione delle pulsioni connesse alla riconquista degli spazi del corpo e dei corpi nello spazio sociale, ma nei termini della coazione ad essere, ad esserci, dopo gli anni della reclusione, ma, in fondo, al servizio di una dépense che ha perso tutto il suo potenziale e la sua energia simbolica ed è al solo, puro servizio di una riorganizzazione del potere – del potere del capitalismo e della sua eterna capacità di riciclo e riarticolazione del proprio dominio. Tutto molto lontano da quella sovranità di cui Bataille scrive sempre in La parte maledetta (1972, p. 73), poche righe prima di intitolare un paragrafo – e qui torniamo ad una delle questioni che mostrano l’ambivalenza del senso della perdita che Susca ci indica – “La guerra considerata come un dispendio catastrofico della energia eccedente”… (ibidem).
Siamo – se concordiamo con le descrizioni e le analisi di Vincenzo Susca, ad una nuova “gaia apocalisse”, come Hermann Broch definì l’atmosfera viennese degli anni subito precedenti la Prima guerra mondiale (Broch, 2010) – quelli della “Azione parallela ” di cui narra Robert Musil nel suo Uomo senza qualità (Musil, 1962) – un’epoca di spensierata, disincantata incoscienza, subito prima di un disastro che muterà il volto dell’Europa e condurrà ad una catastrofe inimmaginabile.
Noi, invece ci troviamo in un mondo in cui il digitale sta rimediando man mano il cosiddetto “reale”, rendendocelo in tendenza – secondo la logica della rimediazione (Bolter, Grusin, 2002) – del tutto trasparente: la “trasparenza del Male”?.
Pensiamoci un attimo: nell’arco di vent’anni, a partire dall’11 settembre 2001, abbiamo convissuto col terrorismo – non quello “romantico” degli anarchici dell’Ottocento e del primo Novecento, ma quello mistico/tecnologico della jihad islamica – con una lunga crisi economica, uno straordinario ritorno indietro rispetto alle promesse di progresso delle grandi narrazioni otto-novecentesche – e a qualche conquista che davvero c’era stata – e poi ancora con rischi di guerra sempre più incombenti, siamo cascati dentro una micidiale pandemia…
Intanto lentamente, in maniera silente, quasi invisibile, morbida, si è completato un altro giro del passagio alla vita digitale e agli albori della post-umanizzazione – qualunque cosa possa significare, al di là delle metafore e degli entusiasmi giornalistici (Fattori, 2020) – e ci siamo ritrovati dentro una condizione che è assimilabile sempre di più alle intuizioni distopiche di Charles Brooker e del suo Black Mirror (2011-2019), su cui lo stesso Susca insieme alla sociologa Claudia Attimonelli ha scritto pagine magistrali (Attimonelli, Susca, 2020).
Note
[1] Una guerra quasi parodistica, più simile a quelle “amichevoli” di calcio, tipo “Iraq contro Resto del mondo”, che andavano di moda un po’ di anni fa. Contro l’Iraq che aveva invaso il Kuwait si mosse una coalizione di ben 35 paesi. Nonostante l’esito scontato del confronto, si scatenò una ingiustificata isteria collettiva comprovata, ad esempio, dal rapidissimo svuotamento degli scaffali dei supermercati. Una delle similitudini con ciò che è successo qualche anno fa all’esordio del lockdown da Covid-19.
[2] La Neue Sachlichkeit, “Nuova oggettività”, fu una corrente pittorica che si sviluppò in Germania negli anni Venti del XX secolo.
[3] C’è qualche piccola differenza di traduzione nella citazione di Bataille fra quella di Susca (a p. 42 del suo testo) e la mia: Susca cita l’edizione del 2015 di Bollati Boringhieri, mentre io cito quella del 1972 di Bertani.
[4] Cfr. Sontag, 1965.
Bibliografia
- Attimonelli C., Susca V., Un oscuro riflettere. Black Mirror e l’aurora digitale, Mimesis, Milano-Udine, 2020.
- Bataille G., La parte maledetta preceduta da La nozione di dépense, Bertani, Verona, 1972.
- Baudrillard J., La trasparenza del male. Saggio sui fenomeni estremi, Sugar, Milano, 1991.
- Baudrillard J., L’illusione della fine O lo sciopero degli eventi, Anabasi, Milano, 1993.
- Berger P., Luckmann T., Lo smarrimento dell’uomo moderno, il Mulio, Bologna, 2010.
- Bolter J.D., Grusin R., Remediation. Competizione fra media vecchi e nuovi, Guerini e Associati, Milano, 2002.
- Broch H., Hofmannstahl e il suo tempo, Adelphi, Milano, 2010.
- De Feo L., Per un’ermeneutica del cyberspace, a est dell’equatore, Napoli, 2013.
- Fattori A., La condizione online. Ecologie transmediali, in “Futuri magazine” 17, 2022a
- Fattori A., Immagini di una apocalisse possibile. Dinamiche della paura nell’immaginario dell’invisibile, in “Futuri” 18, 2022b (in pubblicazione).
- Goll Y., Sodoma e Berlino, il Formichiere, Milano, 1975
- Jameson F., The Seeds of Time, Columbia University Press, New York, 1994.
- Musil R., L’uomo senza qualità, Einaudi, Torino, 1962.
- Sontag S., Contro l’interpretazione, Mondadori, Milano, 1965.
- Susca V., Tecnomagia, Mimesis, Milano-Udine, 2022.
Videografia
- Black Mirror, di Charlie Brooker, Gb, 2011-2019.