19.10.16

Ristrutturare l’apprendimento



Dal crepuscolo dell’informazione all’alba dell’esperienza

Introduzione

Negli ultimi anni, le reti digitali – vera e propria spina dorsale del sistema nervoso dell’attuale complesso mediale - sono diventate elementi fondanti della nostra vita quotidiana, occupando lo spazio di qualunque dinamica comunicativa, creativa e conoscitiva. I media - unificati nel linguaggio digitale – hanno raggiunto un’estensione pervasiva, amalgamando persone e istituzioni, trascendono ogni tipo di classificazione sociale. Ogni oggetto mediale, rivitalizzato dall’interconnessione di rete, rifugge i termini delle attività – siano esse professionali, formali, accademiche o governative - che in un primo momento possono aver favorito la loro crescita.

Alla base di tutti i rapporti sociali delle giovani generazioni – quelle, per intenderci, cresciute in un’epoca in cui i media digitali sono stati parte integrante del tessuto culturale - esiste un intervallo, sempre più esteso, di pratiche non istituzionalizzate che vanno a integrare, o addirittura a sostituire, quelle facenti parte della sfera dell’apprendimento e della comunicazione. Come sostiene Michel De Certeau (1984) anche se le istituzioni pianificano inizialmente delle strategie, gli individui - nel corso del loro vivere quotidiano – mettono in opera specifiche tattiche, che vanificano o trasformano gli esiti previsti. Questi spontanei sconvolgimenti dell’equilibrio prestabilito, una volta divenute consuetudini, vengono in qualche modo assorbite istituzionalmente e legittimate.

Esistono, però, altri protagonisti del sistema mediale che, solo perché nati con una forte attitudine all’intrattenimento, sono tenuti ancora – ingiustificatamente – a distanza. A dispetto dell’enorme successo commerciale che vede l’industria video-ludica oramai superare, in termini di giro d’affari, anche quella cinematografica, i videogiochi, come dicevamo, risentono ancora di un certo scetticismo da parte del mondo culturale.

Guardando al passato, però, possiamo renderci conto di come quest’atteggiamento non sia affatto nuovo. Il sapere istituzionale si rivela spesso distratto da sé e incapace di capire cosa accade nel mondo dei consumi culturali. Fumetti, televisione – ma anche lo stesso cinema - in passato sono stati tenuti al di fuori dalla sfera formativa. La scarsa maturità di questi media più spiegare, quindi, in parte lo stigma che li accomuna. Ciononostante il videogioco continua, per certi versi, a essere un medium rimosso, finendo vittima, spesso, di un pregiudizio aggressivamente negativo.

Il videogame è un fenomeno complesso, che mette in crisi l’intero sistema dei media pre-esistenti alla sua comparsa. Già nel termine che lo identifica, Video-game, troviamo un cortocircuito tra “diverse qualità delle forme espressive antiche e moderne: la performance dei primitivi (homo ludens) e la video-sfera (homo videns) della società industriale di massa.” (Abruzzese, 1999).

Come suggerisce James Paul Gee (2003), il videogame è ben diverso da tutte le altre forme mediali (cinema, letteratura, teatro), pur riprendendone i vari linguaggi. Come il montaggio per il cinema, il linguaggio peculiare del videogame è il gameplay, la partecipazione interattiva, esperienziale, che gli garantisce un potenziale di coinvolgimento e attrazione che nessun altro medium possiede.

Se, come abbiamo visto, ogni singolo componente del sistema dei media trasporta un potenziale didattico, quello di cui i videogiochi sono portatori rimane ancora in gran parte indefinito e inesplorato.

L’apprendimento esperienziale e il videogame come strumento educativo

Nel dibattito su come la tecnologia possa trasformare l'istruzione pubblica e risolvere le problematiche che sempre più la affliggono, molte speranze vengono riposte in approcci inconsueti. Utilizzare il video-game all’interno del sistema educativo può sembrare una rivoluzione radicale. Come vedremo, esistono giochi naturalmente tesi alla didattica o giochi esplicitamente realizzati a questo scopo. Ma è possibile anche cercare approcci diversi che con-fondano le dinamiche di insegnamento tradizionale con quelle del gioco. Si tratta, in alcuni casi, di procedere per sottrazione: togliendo il video dal video-gioco, ovvero ereditandone solo le dinamiche ludiche che lo caratterizzano, con l’approccio della gamification. Oppure, procedendo in senso inverso, sottraendo il gioco dal video: ossia eliminando le regole, gli scopi, gli obiettivi prefissati, lasciando un mondo virtuale in cui, docenti e discenti possono simulare esperienze secondo le proprie regole: è il caso del Simulation Based Learning.

La gamification, ossia l’utilizzo di elementi tipici del gioco – l’assegnazione di punti, la competizione con gli altri – applicati ad aree di attività non esclusivamente ludiche conferma l’attitudine a identificare nell'intero complesso mediale una certa deriva ludica, indice di una rivoluzione culturale in atto. Scontato, allora, il ripiego verso le teorie del gioco cui si chiedono nuovi strumenti per comprendere il presente di un ecosistema sempre più articolato e privo di separazioni nette tra gli attori e i ruoli in scena. Possono i giochi digitali - spesso considerati, a torto, esclusivamente fonte di distrazione - coinvolgere le nuove generazioni nel settore dell'istruzione? Dobbiamo guardare ai giochi come a uno strumento, il cui valore nel campo dell'istruzione dipende da vengono utilizzati nell’ambito di una strategia globale. I metodi di educazione tradizionali si concentrano sull’acquisizione di competenze nelle singole materie, trascurando spesso componenti cruciali per il successo, come la comunicazione e la collaborazione. I videogame, che sono sempre più integrati da componenti social, offrono invece la possibilità di intrecciare lo sviluppo di competenze tradizionale in maniera trasversale. James Paul Gee, sostiene che i videogiochi posseggano le componenti necessarie all’apprendimento ottimale - una motivazione e degli obiettivi chiari, risultati facilmente interpretabili e un feedback dettagliato e immediato. Consentendo agli studenti di condividere tattiche e esperienze, mostrano una naturale propensione alla cementificazione dell’apprendimento mediante un approccio collaborativo. Storicamente, lo sviluppo delle competenze trasversali – le cosiddette soft skills, caratteristiche personali importanti in ogni contesto lavorativo, come, ad esempio, flessibilità, adattabilità, capacità di pianificazione, attitudine al teamwork e alla leadership - nella scuola è relegato, forse, solo alle attività sportive.

La Gamification utilizza le componenti che rendono divertente, gratificante e stimolante un video-gioco all’interno di un contesto educativo. Non andiamo quindi a impiegare o a creare un video-gioco, ma utilizziamo le meccaniche, le dinamiche gaming all’interno della nostra comune cornice educativa. A titolo esemplificativo cito Duolinguo o ClassDojo, o la neonata Apple iOS Developer Academy della Federico II, in cui ogni ciclo, della durata di nove mesi, è basato su un innovativo approccio all’apprendimento definito Challenge Based Learning, nel quale gli studenti sono portati all’acquisizione delle competenze attraverso il superamento di alcune milestones.

Il Simulation Based Learning, d’altro canto, è un approccio basato su un videogame che simula fedelmente un oggetto, un processo, una procedura o una situazione, a scopo educativo. Come dicevamo poc’anzi, un simulatore che permette di applicare le leggi della fisica coinvolge, divertendo, lo studente modificando radicalmente l’approccio alla materia. È il caso, ad esempio, di edMondo, ambizioso esperimento del progetto indire (l’istituto italiano che si occupa di ricerca e innovazione per la scuola italiana), un mondo virtuale 3D, basato su openSimulation, un’implementazione open-source di Second Life, sviluppato per facilitare un approccio esperienziale da parte di docenti e studenti. Mediati da avatar, gli utenti di edMondo possono costruire ambientazioni e muoversi al loro interno, progettare attività, comunicare con altri utenti e approfondire le materie, dalla matematica all’arte, dalla storia alle scienze e alle lingue straniere. Questo progetto esplora le possibilità della “didattica immersiva”, grazie alla quale è possibile, ad esempio, imparare l’inglese in un contesto virtuale che simula l’esperienza di un check-in all’aeroporto o apprendere le scienze naturali esplorando l’interno di un vulcano. Che sia una realtà virtuale, aumentata, o semplicemente simulata, in quest’ottica, fa poca differenza: l’importante è poter offrire allo studente un’esperienza che integri e super i limiti intrinseci del semplice passaggio d’informazione.

Il Game Based Learning, invece, utilizza prodotti nati a scopo di intrattenimento, senza particolari modifiche, per raggiungere un obiettivo educativo. Minecraft e Civilization, ad esempio, sono nati come prodotti di entertainment commerciale, ma si rivelano strumenti adattissimi all’apprendimento e allo sviluppo di competenze. Il videogame rappresenta uno strumento sorprendentemente efficace per simulare complessi processi storici, sociali, economici, bellici e culturali. Anche il coinvolgimento indiretto che alcuni videogame possono dare allo studio possono essere annoverati tra questi: è il caso della saga di Assassin’s creed che, pur spettacolarizzando un approccio storico - mediante l’uso di personaggi e location realmente esistite - risvegliano negli studenti un rinnovato interesse, in un modo completamente differente rispetto alle modalità di apprendimento classiche, visto che li coinvolge in prima persona, nello studio della storia.

L'apprendimento basato sull'esperienza fornito dai videogame può diventare la forma definitiva di educazione contestuale in quanto in grado di simulare una vera e propria esperienza di vita, migliorando sia l'impegno degli studenti che l’apprendimento. Invece di dire ai bambini che stanno imparando la matematica perché potrebbero un giorno diventare ingegneri e progettare auto, perché non far loro imparare la matematica per la progettazione di una macchina virtuale da far gareggiare? Se la differenza tra un calcolo giusto o sbagliato si traduce nella vittoria di una competizione, gli studenti coglieranno immediatamente l'importanza delle competenze matematiche. Inoltre, i giochi permettono agli studenti di imparare subito dai propri errori. Invece di attendere settimane per l’esito di un compito in classe, hanno la possibilità immediata di identificare che cosa hanno fatto di sbagliato e correggerlo istantaneamente. Basta osservare, per esempio, come un giocatore di una delle tante iterazioni del marchio Angry birds - gioco basato scientificamente sulle leggi della fisica - impara automaticamente a riconoscere i propri errori, li corregge e va avanti nel gioco, senza soluzione di continuità, in un flusso che porta all’apprendimento in maniera spontanea quanto divertente.

Conclusioni

Spesso chi insegna, nel procedere nel percorso scolastico o accademico, tende a dimenticare che il suo ruolo - oltre a quello di esperto della materia - è anche quello di alfabetizzatore. Ovviamente, quando parliamo di alfabetizzazione, di literacy, non possiamo più permetterci di fare riferimento solo alla lettura, alla decodifica e alla comprensione del testo. Siamo entrati in un'era in cui la definizione di ciò che rende una persona alfabetizzata muta in continua evoluzione. L’introduzione rapida di innovazioni tecnologiche nei processi comunicativi sta cambiando il modo in cui gli studenti si esprimono e ricevono informazioni. Ancora una volta non possiamo prescindere dalla sovrapposizione Abruzzesiana di tecnica e cultura (2000), e quindi sostituire, ai processi di alfabetizzazione, quelli di tecno-alfabetizzazione, necessaria agli studenti per comunicare: videogame, blog, social network, video-log, snapchat, sono linguaggi che si ibridano e si contagiano; non possiamo ignorare la loro importanza, soprattutto anche nei delicati processi che riguardano la sfera dell’apprendimento. Ogni area dei contenuti possiede determinate caratteristiche tecno-culturali necessarie agli studenti per poter comprendere a pieno ogni materia. La soluzione ottimale potrebbe essere un compromesso che vede venir meno la centralità del medium scritto, attualmente alla base del sistema educativo, fondendolo e integrandolo con nuovi strumenti e tecniche.

Bibliografia

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