30.11.16

Dietro le porte scorrevoli della letteratura


Indagine su uno scrittore che ne indaga altri
Da quando leggo Handke diversa mi appare la vita, la letteratura. Il peso del mondo, uno dei suoi libri, è devastante; la realtà non puo tornare ad essere la stessa. (Edgar Borges)
Il venezuelano Edgar Borges – Nomina sunt omina, mai come in questo caso – è come minimo un grande segugio letterario, oltre che un raffinato e labirintico narratore. Ed è un maestro nel giocare con il "punto di vista" del narratore e del lettore, riuscendo ad avvolgere quest'ultimo in una ragnatela spiraleggiante di discorsi, di intenzioni, che finiscono per attrarre chi lo legge in una vertigine affascinante e coinvolgente, densa com'è, la sua scrittura, di rimandi, citazioni, chiamate in causa di letterati e scrittori delle più diverse estrazioni, geografiche e temporali.

Il suo ultimo lavoro tradotto in italiano, L’uomo non mediatico che leggeva Peter Handke (Lavieri, S. Angelo in Formis, 2016), è, come un suo lavoro precedente, La contemplazione, sempre pubblicato da Lavieri (2013; cfr. http://www.flaneri.com/2014/01/31/la_contemplazione_di_edgar_borges/). Come in La contemplazione, un'indagine di fantasia, la storia di due poliziotti che spiano un presunto omicida, un serial killer, il punto di vista muta continuamente. Ma se qui la trama articolata da Borges riguarda l'alternarsi della parola dell'osservato con gli osservatori, nell'uomo non mediatico la situazione è più complessa: è lo stesso scrittore a scrivere in prima persona e in seconda, alternandosi così a se stesso, e scegliendo una forma del discorso raramente usata, perché difficoltosa da gestire, faticosa da seguire, ma potentemente straniante, mettendo in una continua condizione di dubbio il lettore: chi scrive, e si rivolge col "tu" al personaggio, ne registra semplicemente i movimenti, i pensieri, o piuttosto li governa, li guida? È l'autore che performa il suo ruolo – che esercita la sua sovranità sui mondi, quello del personaggio e quello del lettore – o è semplicemente un cancelliere, un servitore dell'immaginazione?

O, ancora. Nel caso dello scrittore venezuelano, è un ulteriore spira del labirinto in cui avvolge coloro di cui scrive e colui che ne legge?

Perché l'intero libro è un concatenarsi di scritture e letture. Gli articoli che scrive Edgar Borges che, mentre conduce la sua vita quotidiana, contemporaneamente scrive articoli su altri scrittori, come lo svizzero Robert Walser, e lettere a studiosi, giornalisti, blogger. E-mail che gli servono per condurre la sua indagine su Peter Handke, il grande scrittore austriaco contemporaneo, che ha scatenato un putiferio anni fa per il suo appoggio all'ex presidente serbo Slobodan Milošević, accusato di crimini di guerra durante la Guerra dei Balcani. E, alternate a queste, le letture che lo stesso Borges fa: delle risposte che gli arrivano per e-mail, degli articoli che legge per documentarsi, delle ricerche che fa sul Web per informarsi su coloro che – a loro volta – hanno scritto su Handke o sugli altri scrittori di cui si occupa. Da un capo all'altro dell'Occidente, dall'Europa al Sudamerica.

Ma quanto interessa davvero, a Edgar Borges, sciogliere i suoi  dubbi sulla scelta – senz'altro poco comprensibile – di Peter Handke di prendere le difese di un personaggio come il leader serbo Milošević? Addentrandosi nella narrazione, viene un dubbio: che questa ricerca sia poco più di una scusa. Un motivo per esplorare il mondo dell'austriaco, il "Mondo interno dell’esterno dell’interno", come dal titolo di uno dei suoi libri, che Handke ha cercato di definire e costruire, il mondo di sguardi eccentrici, laterali, penetranti posto alla base dei suoi romanzi e delle sue poesie. Un mondo di camminatori, come Robert Walser, di scrittori che vogliono smarrirsi, scomparire a se stessi, come Enrique Vila-Matas, un'altro degli scrittori contemporanei con cui Borges scrive di essere in corrispondenza, ed uno dei grandi pretendenti ad essere emuli di Walser... Scrittori che anelano ad essere "un altro Io" rispetto a quello che sono.

Tanto che Edgar Borges cita un verso di una poesia di Handke, Cambiamenti durante il giorno: “Dopo, infine, siedo accanto a qualcuno sull’erba e sono, alla fine, un altro”, commentandolo così: "Credo che ad Handke non interessi tanto il risultato quanto il processo, quel cambio graduale che si può percepire solo attraverso l’esperienza". Forse, la stessa cosa che interessa a lui, evocata da quel continuo cambio di persona verbale, marcato dalle "Porte" che segnano il procedere dei capitoli del suo libro, e sottolineata dai commenti e dai rimproveri – riportati da Borges, della moglie e delle figlie, il suo vitale contrappunto nel libro – e, immaginiamo, nella vita.