10.11.16

Al tempo della simulazione del mondo, anche la Morte ha la sua dimensione digitale


Tecnologie dell'esistenza post-mortem
La mort [...] est un object culturel socialement construit, multiple, variable, pour lequel une reformulation continue est possible.
(Fiorenza Gamba, 2016)
Negli esseri umani c'è qualcosa di misterioso: la morte. Ma quel qualcosa si nasconde a nostra insaputa...
(Jean Baudrillard, 2007)
E ora, ora si può ancora sopportare. Lui vive ancora, respira, magari sogna. Ma poi giacerà rigido, un cadavere, verrà sepolto sotto terra in un cimitero tranquillo dove i giorni trascorreranno uguali, mentre lui si decompone.
(Arthur Schnitzler, Morire, 2002)
La morte è un oggetto culturale, come il Sé, come l'intero rapporto fra gli umani e la società in cui operano, ed è quidni soggetta a trasformazione.

Così scrive la sociologa Fiorenza Gamba in Mémoire et immortalité au temps du numérique, da poco pubblicato in Francia per l'editore l'Harmattan, alla fine di una ricerca che l'ha portata a indagare sulle pratiche funerarie e del lutto nella tarda modernità.

Non l'atto di morire in sé, naturalmente, ma la sua percezione ed il discorso su di essa, i rituali ad essa legati, le emozioni e i sentimenti ad essa connessi, si sono profondamente modificati.

Spogliata del rivestimento a volte fin troppo spesso che ha avuto in passato, fino a ben oltre le soglie della modernità, appare oggi più "cruda", più trasparente. Le consolazioni legate al considerarla come una soglia verso la vita vera, quella eterna promessa dalle religioni, hanno sempre meno mordente, e si moltiplicano i casi in cui i superstiti, i parenti del defunto, preferiscono compiere i riti e i rituali ad essa connessi in maniera privata, silenziosa, segreta.

Ma non diminuisce per i vivi il bisogno di ricordare chi li ha lasciati, di non farli affondare nell'oblio.

Di affidare i propri affetti ad una memoria che non decada, che non si corrompa – accedendo alle infinite opportunità offerte dal digitale.

Sarà possibile, dunque, per chi muore, "digitalizzare" la propria vita? Perché superi e sconfigga la Morte? Perché ci conceda un'immortalità che, seppur simulata, stimoli dalle banche dati delle memorie digitali il ricordo della nostra esistenza?

E sarà possibile a chi rimane trasferire il proprio cordoglio, il proprio lutto in Rete perché non si perda, perché non sbiadisca nel tempo?

Da tutta la Modernità gli umani si narrano la speranza di sconfiggere la Morte. La prima è stata Mary Shelley, col suo Frankenstein (1999). Un omaggio scontato, il nostro, alla scrittrice inglese, si potrebbe obiettare, ma doveroso, ribattiamo subito. Perché solo alle soglie della maturazione del Moderno poteva essere concepito.

E, comunque, ancora dentro le illusioni della scienza illuminista, che sperimenta sui corpi degli altri le sue presunzioni, finalizzando l'entusiasmo per la "scoperta" dell'elettricità – come ci mostra molto bene lo storico delle religioni Ernst Benz (2013).

Perché questa dimensione già romantica, illusoria, cominci a incrinarsi dobbiamo aspettare il XX secolo e l'emergere di una consapevolezza meno ingenua, addolcita solo dalle presunzioni narrative della science fiction, come in Non temerò alcun male di Robert A. Heinlein (1977), a mitigare la sicurezza della ineluttabilità della fine con la speranza di – improbabili – "miracoli" della scienza.

In qualsiasi modo la si metta, la morte rimane un evento estremo e incomprensibile, l'evento marginale per eccellenza, come si dice in sociologia. E continua a coagulare intorno a sé comportamenti, discorsi, emozioni. Che migrano dalla realtà "naturale" a quella sintetica del Web.

Fiorenza Gamba illustra proprio questa condizione, mostrando un ulteriore modalità di articolazione del trasferimento di sempre più vaste "province" della realtà naturale nei territori immateriali della Rete. A partire dai rituali del lutto e del cordoglio che, in arretramento nel mondo naturale – per un aumento del senso della discrezione, di quello del riserbo, della tendenza a privatizzare il proprio dolore – tendono a nascondersi, a ritirarsi, ma aquisiscono sempre più spazi sul Web, sia realizzando mimesi dei rituali e dei luoghi tradizionali, sia trovando nuove dimensioni. Il fenomeno dei "cimiteri virtuali" – di cui la sociologa già si era occupata in passato (cfr. http://www.quadernidaltritempi.eu/rivista/numero16/03mappe/q16_simulazione01.htm ) – ad esempio, o quello dei siti creati direttamente da chi, come in una sorta di testamento digitale, decide di oltrepassare la morte, di anticiparla, creandosi una sua "dimora" virtuale che gli permetta di "sopravvivere" al proprio trapasso. Una memoria anticipata, insomma, che doni – o imponga? – ai sopravvissuti la parvenza della continuazione dell'esistenza, della presenza di una persona che non c'è più.

Ci si interroga – studiosi, opinionisti, gente comune – sulle eventuali trasformazioni antropologiche che la fluviale espansione del Web e del digitale ha introdotto nella sfera della vita quotidiana e istituzionale. Sicuramente in parecchi si è d'accordo che c'è stata una profonda modifica nel modo in cui noi umani ci percepiamo come posti all'interno del continuum spazio-temporale, ma spesso ci si dedica alle considerazioni moralistiche e ai giudizi di valore piuttosto che a scorgerne le implicazioni, quelle più profonde, non subito evidenti, quelle marginali, ma proprio per questo più significative.

Come in questo caso. Più che i cimiteri sul Web che, come scrivevo, sono la replica di quelli tradizionali, ciò che è interessante è il tentativo, documentato e discusso dalla Gamba, di garantirsi una vita oltre la morte che sia altra rispetto a quella "moderna", legata solo ai ricordi (in fondomorti) di chi sopravvive. Allora, perché non crearsi, quando ancora in vita, dei siti personali, individuali, da riempire di "pezzi", di brani della propria identità, dei suoi elementi più significativi, prolungando nel post-mortem la propria profilazione in Rete? Quella dei sofcial network, delle chatroom, dei siti personali?

Ci si permetterebbe una vita – benché sintetica – immotale, nutrita e tutelata dalla eternità e inviolabilità delle banche dati digitali. Come proposto dallo scrittore di fantascienza Greg Bear (1994) già nel 1990 con il suo Heads, in italiano Zero assoluto, in cui si immagina di poter conservare le teste dei defunti digitalizzandone i ricordi, o come nei vaneggiamenti degli aderenti alla setta degli Extropiani, di cui scrive Erik Davis in Techgnosis (1999), che aspettano ottimisti uno sviluppo del digitale che possa permettere di trasferire la propria mente in Rete...

Più praticabile la soluzione proposta da Mike Kibbee, ad esempio, di cui scrive la Gamba, che propone appunto siti individuali, in cui raccogliere e organizzare, prima del trapasso tutto ciò che si ritiene rappresenti il proprio Sé. Quasi come in La corrispondenza (2016), il film di Giuseppe Tornatore, in cui un uomo, sapendo di dover morire, predispone per una nno intero a partire dalla sua morte la sua corrispondenza postuma, ma necessariamente a senso unico, con la sua giovane amante.

Bibliografia

  • Baudrillard, J., 2007, L'illusione dell'immortalità, Armando, Roma.
  • Bear, G., 1994, Zero assoluto, in Nicolazzini, P., (a cura di), Cyberpunk, Nord, Milano.
  • Benz, E., 2013, Teologia dell'elettricità, Medusa, Milano.
  • Davis, E., Techgnosis, 1999, Ipermedium, Napoli.
  • Gamba, F., Simulazione ed emozione: lo strano caso dei cimiteri nel web, "Quaderni d'Altri Tempi" n. 16, 2008, http://www.quadernidaltritempi.eu/rivista/numero16/03mappe/q16_simulazione01.htm .
  • Gamba, F., 2016, Mémoire et immortalité au temps du numérique, l'Harmattan, Paris.
  • Heinlein, R. A., 1977, Non temerò alcun male, Bompiani, Milano.
  • Nicolazzini, P., (a cura di), 1994, Cyberpunk, Nord, Milano.
  • Schnitzler, A., Morire, 2002, Marsilio, Venezia.
  • Shelley, M., 1999, Frankenstein ovvero il Prometeo moderno, Rizzoli, Milano.

Filmografia

  • Tornatore, G., 2016, La corrispondenza, Italia.